Capitolo 3

La storia di Salvatore Bonocore. Al secolo conosciuto come Mago Mariano

Capitolo 3 - La storia di Mago Mariano

Non era una bella situazione anche perché la mancanza di sonno teneva tutti con i nervi a fior di pelle. A questo punto l’imperturbabile bambino pensò bene di orchestrare una falsa vittoria del buonsenso. Alle nove in punto andava a letto e poi, quando tutti dormivano, cominciava la sua attività. Non riusciva a farne a meno, per lui era troppo appagante. Attraverso quei riti, che neanche lui conosceva, né si sapeva spiegare, provava una sensazione di enorme benessere, al pinto che gli sembrava essere ritornato in quella specie di sensazione limbica che è il ventre della mamma. Con il suo stratagemma riuscì ad eludere la sorveglianza e a perfezionare le sue tecniche, ascoltando la strana voce interiore che in quell’epoca Salvatore pensava appartenesse ad un altro bambino che era dentro di lui e non era e che non era riuscito a svilupparsi come lui. Un giorno, mentre ascoltava questa voce, gli venne in mente un nome che gli tornava sempre alla memoria e che lui prima di allora non aveva mai sentito: Mariano. Fu così che quella voce che sentiva dentro a soli 5 anni la ebbe a chiamare Mariano, senza conoscere ancora i veri connotati del mistero.

Mamma Giulia era disperata e non riusciva a capacitarsi delle cose che faceva il suo bambino, così si era rivolta ad un sacerdote il quale le aveva consigliato di raccogliersi in preghiera e cercare di aiutare così il piccolo Salvatore. Ma Giulia andò oltre quello che le aveva raccomandato il parroco e così ogni volta che Salvatore si addormentava, di giorno o di notte, si introduceva nella sua stanza e piazzava un crocifisso sotto al suo letto. Ma Salvatore era avvertito da quella strana voce della presenza del crocifisso che costituiva un ostacolo alle pratiche medianiche notturne. Fu questo un momento importante perché poco prima di andare a scuola aveva cominciato a porre delle vere e proprie domande alla sua voce di dentro che riusciva a svelargli i dialoghi che gli altri facevano su di lui, anche a distanza di chilometri.

Salvatore però non si sentì mai investito di particolari poteri e soprattutto non esercitò mai violenze sugli altri. Quello che provava lo teneva per sé ed anche quando provava sentimenti di rabbia e rancore sapeva ponderare le reazioni progettando con cura e minuziosità l’adeguata vendetta. In pratica si trattava di un bambino diverso. Il suo corpo era quello di u bambino, ma la sua anima cominciava ad educarsi più di ogni altro adulto.

Uno strano episodio accadde quando, nei primi anni delle scuole elementari, Salvatore costruì il suo primo mazzo di tarocchi. La voce interiore gli aveva detto che era più semplice dialogare con lui attraverso i segni di un mazzo di carte e lui aveva provveduto sfruttandone uno di comunissime carte napoletane. Successivamente quella voce chiamata Mariano gli disse che avrebbe potuto comprendere meglio il senso delle carte cambiandone i segni e dando ad ognuna di esse un significato specifico e particolare. I suoi primi consultanti furono i compagni di scuola e ci fu perfino una maestra che si volle sottoporre al giudizio del mago bambino. Salvatore, quand’ebbe di fronte il mazzo di carte spostato dalla donna, cominciò a piangere e a provare uno strano dolore. Era infatti la prima volta che sentiva l’influenza cupa, oscura e triste della morte. Quella donna aveva il padre molto malato che di lì a poco sarebbe morto.

In quel caso Salvatore sentiva in modo palpabile il dolore della giovane donna particolarmente legata a suo padre e ne subiva in pieno tutte le conseguenze negative. Successivamente capì che in questo tipo di veggenza le carte servivano poco o nulla. In questo caso, attraverso gli occhi le anime si erano incontrate e avevano scambievolmente profuso le loro angosce e le loro paure. Attraverso questo canale Salvatore arrivava al padre della donna e da suo al suo destino che stava per compiersi per sempre.